Oggi 22 maggio si festeggia la Giornata Internazionale per la Biodiversità, voluta nel 1992 dalle Nazioni Unite allo scopo di aumentare la comprensione e la consapevolezza dei problemi legati alla perdita di biodiversità.
Con il progetto del Cammino dell’Adriatico la nostra associazione intende far riscoprire la biodiversità che resiste sulle nostre coste. Maggio è il mese in cui le specie floristiche sono particolarmente rigogliose nei nostri ambienti costieri. Tra le specie floristiche che colorano le dune residue possiamo ricordare il raro vilucchio marittimo (Calystegia soldanella), il verbasco del Gargano (Verbascum niveum subsp. Garganicum) e la Liquirizia (Glycyrrhiza glabra). Tra le specie faunistiche, in questo periodo possiamo osservare il fratino (Charadrius alexandrinus), la garzetta (Egretta garzetta) e il rospo smeraldino (Bufotes viridis) negli habitat umidi; lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) nelle pinete litoranee.
Vogliamo concludere questo articolo con una citazione di Ennio Flaiano, tratta da “La solitudine del satiro", che già nel 1963 presagiva il futuro che sarebbe toccato al nostro litorale, sperando che queste parole possano far scuotere le coscienze di noi esseri umani prima che sia davvero troppo tardi:
“Davanti ad un paesaggio l’italiano “povero” non si commuove, non lo vede cioè come un fatto armonico e intangibile (suscitatore di varie emozioni e presidio della memoria, se si vuole) ma lo scompone nei suoi singoli elementi utilitari. Quel che gli serve, se lo prende, il resto lo distrugge. Agisce infine come un essere talmente inserito nella natura da non avere la capacità di ammirarla, ma soltanto quella di servirsene. Sotto certi aspetti, l’italiano povero è un roditore. Ma l’italiano “ricco” è forse qualcosa di peggio. Il “ricco” capisce il paesaggio come ornamento di ciò che possiede e riesce persino a dividerlo in due categorie: paesaggio di rappresentanza e paesaggio di servizio. Per ottenere questi paesaggi, indispensabili al suo prestigio, il ricco agisce da guastatore, spiana le dune che gli occludono la vista del mare (il quale, secondo Flaubert, “gli ispira pensieri profondi”), scava, riempie, livella, quadra, sradica i cespugli e pianta alberi che non attecchiscono, erge muretti e cancellate, le adorna, sbatte la sua casa a un palmo dalla riva o la ficca nel folto del bosco, facendovi ammirare un tronco che attraversa dall’alto in basso la sua stanza di soggiorno; insomma modifica anch’egli il paesaggio originale, che gli sembra non elegante, non ordinato, soprattutto non moderno. E dove può, passa una mano d’asfalto. Come conclusione- e tutta la costa laziale sta diventando la prova di questo dramma- sia il “povero” sia il “ricco” distruggono la natura: l’uno perché ne fa parte, l’altro perché certi luoghi si fa insostenibile? Spesso l’idea di vivere in un paese che si va sgretolando nella laidezza ci avvilisce.”